Quale eternogeneità si nasconde dietro l’acronimo “NEET”?
Il programma Young Entrepreneurs Succeed, finanziato da Islanda, Liechtenstein e Norvegia attraverso il EEA and Norway grants fund for youth employment, mira ad attivare i giovani disoccupati ad accedere al mercato del lavoro, e a promuovere l’imprenditorialità attraverso soluzioni innovative. Nell’ambito del progetto, è stata organizzata una conferenza a Siracusa il 5 e 6 marzo, un’occasione per comprendere la realtà e l’eterogeneità che si nasconde dietro l’acronimo “NEET”.
La definizione di NEET, introdotta nel Regno Unito alla fine degli anni Novanta ma ampiamente diffusa nel mondo dal 2010, sta per “Neither in Education, Employment or Training“. Questo termine definisce un ampio gruppo composto da categorie vulnerabili, spesso ai margini delle nostre società. Come emerge dalla ricerca, l’Italia mostra uno dei tassi più alti in Europa (nel 2018 i NEET erano oltre 2 milioni, e nello specifico il 23,4% dei giovani tra i 15 e i 29 anni, quando la media europea è del 12%).
Le barriere che impediscono ai giovani di accedere al lavoro sono molteplici e multidimensionali: parliamo del livello di istruzione e delle competenze personali, ma anche della situazione sociale, geografica, familiare, economica e psicologica. Alcune hanno implicazioni a breve termine, come la mancanza di accesso ai trasporti e l’indisponibilità ad assumersi certe responsabilità in un dato momento; altre sono più strutturali, come la disabilità, la mancanza di ambizione o l’isolamento sociale.
Questa multidimensionalità di fattori e situazioni personali si traduce in un’estrema eterogeneità all’interno del gruppo NEET. L’acronimo nasconde delle sottocategorie, che rappresentano tutte realtà diverse. Consideriamo queste quattro categorie:
- I “Job seekers” sono i disoccupati a breve o a lungo termine che sono attivamente alla ricerca di un lavoro. I disoccupati a breve termine sono principalmente colpiti da barriere circostanziali, come il ciclo economico, o la discriminazione. I disoccupati di lunga durata soffrono di problemi più profondi come la mancata corrispondenza tra il loro profilo e l’attuale offerta di lavoro. I Job seekers rappresentano quasi la metà dei NEET in Italia e spesso hanno formazione ed esperienza lavorativa.
- Gli “Opportunity explorer” non sono disimpegnati o esclusi, ma alla ricerca della giusta opportunità di carriera. Spesso partecipano alla formazione informale e cercano di mantenere un alto livello di attaccamento al mercato del lavoro. Rappresentano il 25% dei NEET in Italia, per lo più uomini molto giovani.
- Gli “Unavailable” (indisponibili) non cercano attivamente un lavoro perché semplicemente non possono, a causa dei loro doveri o responsabilità familiari, o perché hanno problemi di salute invalidanti. Nella maggior parte dei casi sono donne con figli, senza formazione o esperienza professionale e rappresentano il 19% dei NEET in Italia.
- I “Decommitted” (disimpegnati) non cercano un lavoro, non sono coinvolti in formazioni (anche non formali), non sono impegnati in obblighi sociali o familiari e hanno una visione pessimistica delle condizioni occupazionali. Spesso hanno trovato un modo alternativo di vivere, nell’economia informale o illegale o dipendendo da qualcun altro. Sono i più esclusi socialmente e hanno le prospettive più cupe per il futuro.
L’eterogeneità che si cela dietro l’acronimo NEET richiede molteplici risposte da parte di governi, associazioni ed enti che operano nel settore. I NEET sono l’aspetto visibile di un insieme di disfunzioni: le soluzioni che potrebbero affrontare le loro situazioni precarie rientrano in molti ambiti di azione pubblica, come l’istruzione, l’intervento sul mercato del lavoro, la salute, i trasporti, l’assistenza all’infanzia, l’integrazione dei migranti o la lotta all’economia informale.
Non esiste una soluzione unica, piuttosto una combinazione di misure e riforme, che devono essere adattate al contesto e alla situazione specifica. In Italia, la categoria più vulnerabile di NEET può essere rappresentata dai disoccupati di lunga durata e dai “Decommitted” (disimpegnati): per questo motivo, possiamo supporre che il paese (e qualche regione nello specifico) soffra di problemi strutturali maggiori rispetto ad altri paesi europei. Infatti, l’Italia ha un tasso di abbandono scolastico ben al di sopra della media UE (17% rispetto al 12% dell’UE28), così come un basso tasso di giovani laureati. La cultura dell’informalità e la dipendenza dei figli dai genitori fino a tarda età rispetto ad altri paesi potrebbe certamente spiegare il peso delle diverse categorie sopra elencate all’interno del gruppo NEET stesso.
NEET è un termine che aiuta a focalizzare l’attenzione del pubblico e dei politici. Un termine che si è rivelato particolarmente utile dopo la crisi finanziaria, per definire uno dei gruppi che era stato maggiormente colpito. Tuttavia, come già accennato su questo blog, l’uso di questo termine nei discorsi e nelle conferenze può essere pericoloso, o quantomeno distorto, se non è accompagnato da uno studio approfondito delle diverse situazioni nei loro contesti locali.
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